Dopo anni di studi e indagini, un antropologo americano spiega perchè l'inventore della Teoria della Relatività aveva una mente fuori dal comune.
È stato fotografato, sezionato e studiato per anni, dal 1955, anno della sua morte. Ma fino ad ora sulle doti del cervello di Einstein sono state fatte solo ipotesi, non suffragate dalla certezza che la materia grigia del grande fisico fosse davvero speciale. Fino ad ora, appunto, perchè un antropologo, che da molto tempo studia proprio il cervello del padre della Teoria della Relatività, è arrivato a spiegare perchè fosse così fuori dal comune: nonostante sia di una "grande media, molte regioni hanno convoluzioni e pieghe raramente viste in altri cervelli". Insomma, era proprio speciale.
Dean Falk, dell'Università della Florida a Tallahassee, è arrivato a questa conclusione dopo aver paragonato, insieme al suo staff, il cervello di Albert Einstein con quello di 85 persone "normali". Secondo lo studioso, della cui ricerca parla il Washington Post, ha voluto mostrare le foto della materia grigia del fisico. La deduzione, dopo oltre 3 anni di studio, è che "Le regioni dell'area sinistra del cervello, quelle che semplificano gli input sensoriali e il controllo motorio di viso e lingua, sono molto più grandi del normale . La corteccia prefrontale, collegata alla pianificazione, all'attenzione, alla perseveranza, è ugualmente espansa oltre le dimensioni consuete (degli altri cervelli, "normali" NdR)".
Questo spiegherebbe il perché delle doti fuori dal comune di Einstein. Il suo cervello, d'altra parte, è oggetto di studi da molti anni, diventati tali da essere definiti dalla stampa americana "una saga". La sua materia grigia è conservata, su volontà degli eredi, da Thomas Harvey, un patologo che analizzò la salma del grande studioso dopo la sua morte, a 76 anni, a Princeton, dove si era trasferito dopo la gioventù trascorsa in Germania e il successivo spostamento in Svizzera, di cui divenne cittadino naturalizzato (con un breve soggiorno anche in Italia, dove la famiglia si trasferì, a Milano). Proprio Harvey fotografò il cervello del fisico e filosofo tedesco, arrivando a tagliarlo in 240 pezzi, conservati poi in un sostanza resinosa che permise di mantenerne pressocchè inalterato lo stato. Questi vennero poi successivamente ridotti in altre 2.000 parti, ulteriormente analizzate al microscopio. Gli scatti relativi a questo materiale furono sottoposti all'attenzione di 18 ricercatori. Oggi, proprio pubblicando alcune delle foto, Falk ha voluto dimostrare la sua teoria, mettendo sotto gli occhi di tutti le differenze riscontrate nella conformazione del cervello di Einstein.
Quello che resta da capire ora è però se l'intelligenza del genio tedesco fosse dovuta solo a doti naturali o se le "modifiche" al suo cervello non fossero piuttosto l'effetto di molto studio e applicazione. I sostenitori della seconda ipotesi ritengono infatti che alcune aree del cervello di Einstein si siano sviluppate maggiormente proprio per effetto delle ricerche fisiche. Forse la verità sta, come spesso accade, nel mezzo: il fisico poteva contare su qualità innate, con una forte predisposizione al pensiero creativo, non solo nell'ambito scientifico, ma anche, ad esempio, musicale. A ciò si aggiunsero gli studi, coltivati fin dall'infanzia in famiglia, che permisero ad Einstein, in qualche modo, di "programmare il suo cervello", come conclude Falk.
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