I nostri antichi antenati potrebbero essere stati molto più intelligenti - e letali - di quanto si pensi. È quanto rivela un recente studio su quelle che sembrano essere le punte di lancia più antiche del mondo.
Se la datazione è corretta, i nostri antenati sarebbero stati in grado di produrre punte di lancia in pietra già mezzo milione di anni fa: quasi 250 mila anni prima di quanto si credeva finora.
Le più antiche punte di lancia sono state scoperte in un sito frequentato da Homo heidelbergensis: "È così strano, un po' come se avessimo trovato un iPod in un sito archeologico dell'Impero Romano", ha commentato il celebre paleoantropologo John Shea, che non ha partecipato al nuovo studio. Non c'è niente di strano invece nell'immaginarsi questi ominidi del Sudafrica usare strumenti di pietra o bastoni appuntiti per cacciare. Soltanto, finora, non c'era nessuna prova che H. heidelbergensis padroneggiasse la tecnologia per mettere insieme questi due strumenti.
Un cacciatore preistorico, infatti, per poter fissare una lama ad un manico - con una tecnica definita immanicatura - doveva riuscire a fissare una lama di pietra su un'asta di legno con dei tessuti vegetali o animali, come dei tendini, e sigillare il tutto con resine naturali. Inoltre, la lavorazione della resina presuppone una certa padronanza del fuoco necessario a scioglierla, spiega Shea. La lancia poi doveva essere dotata di una certa robustezza, "giusto per non morire la prima volta che la si usava, magari contro un grande bufalo africano".
In punta di lancia
Il complesso processo di immanicatura comunque aveva il suo valore, visto che una lama tagliente fissata ad un manico "riesce a causare un danno maggiore, aumentando il sanguinamento e quindi una morte più rapida della preda", spiega Jayne Wilkins, antropologa della Toronto University e prima autrice della nuova ricerca, pubblicata questa settimana su Science. Rendendo la caccia più efficiente, spiega Wilkins, le lance "determinano un accesso più regolare e affidabile alla carne". E gli scienziati sono concordi che un apporto maggiore di carne abbia significato un aumento nelle dimensioni del cervello umano.
"Non si è trattato solo di un aumento dei tessuti cerebrali, ma anche di una vera e propria espansione intellettuale". Infatti il processo di immanicatura richiede, prima fra tutte, una certa capacità di previsione. "Prima di poter usare delle armi di questo tipo sono necessari alcuni giorni di pianificazione". E infine per poter spiegare ai propri simili come immanicare, quasi sicuramente si deve saper comunicare, o meglio parlare.
Secondo Shea, "non c'è dubbio che il processo di immanicatura necessiti del linguaggio. Non è un'operazione che può venire insegnata solo tramite imitazione. È una tecnologia così complessa che nel modo più assoluto richiede un linguaggio". L'idea che H. heidelbergensis possedesse un linguaggio non è molto sconvolgente, visto che è l'ultimo antenato che abbiamo in comune con i Neandertal.
"Noi abbiamo un linguaggio, e probabilmente ce l'avevano anche i Neandertal, così c'è qualche motivo di credere che anche il nostro ultimo antenato comune avesse qualche abilità linguistica"
La sperimentazione
Gli strumenti in pietra, che recano segni e fratture d'impatto sulle punte e altre tracce alla base, furono rinvenute nel 1980 a Kathu Pan 1, un sito nel deserto del Kalahari. Fino al 2010 però gli studiosi non erano ancora stati in grado di datare i sedimenti che contenevano i reperti. Ma anche allora "non fummo certi della loro funzione", spiega Wilkins, "visto che, anche se potevano sembrare delle punte di lancia, in realtà potevano essere state utilizzate come raschiatoi o come coltelli. Così ci siamo dovuti assicurare che fossero veramente delle punte di lancia".
Per farlo, gli studiosi hanno prodotto delle repliche degli strumenti ritrovati a Kathu Pan e poi le hanno conficcate nelle carcasse di alcune piccole antilopi. Le analisi al computer hanno successivamente confermato le fratture subite dalle repliche in seguito all'impatto con le carcasse erano identiche a quelle riscontrate sugli strumenti originali.
Questo tipo di sperimentazione ha fatto fare "un bel balzo in avanti", ha commentato Shea, che ha anche elogiato i ricercatori per aver messo a punto una tecnica innovativa che consente di misurare i danni sulle estremità e di compararli oggettivamente e quantitativamente con i pezzi sperimentali. Adesso nessuno ha più scuse per non fare lo stesso".
Un ritrovamento unico
L'età delle punte rimane però una questione dibattuta: infatti, se fossero veramente così antiche perché non ne sono mai state ritrovate altre in siti più recenti? Il periodo compreso tra i 500 mila e i 250 mila anni fa è sufficientemente ricco di testimonianze archeologiche. Tuttavia, come spiega Shea, non sono mai stati trovati strumenti simili in nessun altro sito. Forse, la tecnologia andò perduta, per poi venire riscoperta qualche migliaio di anni dopo. "Certo è che questa è una tecnica così complessa che difficilmente può svanire completamente".
Inoltre, secondo Shea, nei normali siti di H. heidelbergensis a questo punto non mancherebbero solo punte di lancia, ma anche altri oggetti. "Infatti se erano in grado di ottenere delle colle naturali, allora dovevano essere in grado di produrre sostanze e oggetti più complessi, magari anche ceramici". Oltre alle lance, per esempio si dovrebbero trovare altri strumenti come asce, con punte di pietra e manici. La paleoantropologa Sally McBrearty è d'accordo con Shea: "Penso che gli autori dell'articolo abbiano dimostrato che siano delle punte di lancia. Sono un po' meno convinta invece della datazione".
La datazione
E per essere onesti, datare Kathu Pan non è affatto facile. Come spiega lo stesso Michael Chazan, archeologo della Toronto University e autore dello studio, "non ci sono molti metodi affidabili per datare questo sito". Il metodo del radiocarbonio, per esempio, non è applicabile su manufatti così antichi, e anche il metodo del potassio-argon non è efficace visto che può datare solo rocce vulcaniche, totalmente assenti a Kathu Pan 1.
I ricercatori hanno invece usato la risonanza di spin elettronico per datare dei resti di zebra trovati vicini ai manufatti e risalenti a circa 500 mila anni fa. I sedimenti in cui erano conservati gli strumenti litici sono invece stati analizzati con la termoluminescenza, una tecnica che consente di determinare quanto tempo è passato dall'ultima volta che l'oggetto o i sedimenti hanno assorbito energia solare. Tuttavia, come ammettono gli stessi autori, questa metodologia può comportare vari errori soprattutto sulla base delle conoscenze geologiche dell'area.
Forse l'unico modo per rafforzare i risultati dello studio sarebbe trovare armature simili in siti datati con maggiore precisione. A far questo ci proverà l'anno prossimo lo stesso Shea, quando con il suo team inizierà a lavorare al suo progetto in Africa orientale finanziato dalla National Geographic Society. "Vediamo se riusciremo a trovare qualcosa di simile".
Nel complesso, comunque, questa ricerca è appena iniziata, ha detto Chazan. "Abbiamo appena iniziato a datare questo tipo di materiali in Sudafrica, per cui è difficile capire se quello che abbiamo scoperto è solo un'anomalia: io credo che non lo sia".
Alla conquista del mondo
Almeno una cosa è certa: secondo l'antropologo Curtis Marean, attaccare una lama a un bastone ci ha aiutati a diventare quello che siamo.
Proprio la scorsa settimana, Marean, beneficiario di fondi di ricerca National Geographic, ha pubblicato uno studio in cui sostiene che già 70 mila anni fa l'uomo moderno fosse in grado di produrre armature in pietra da montare su frecce e lance, specificatamente progettate per essere lanciate. E questo, secondo Marean, ci avrebbe dato un certo vantaggio sui Neandertal.
"Queste due ricerche prese insieme documentano che l'evoluzione delle armi da lancio sia avvenuta in due momenti che alla fine hanno permesso all'uomo di moderno di conquistare il pianeta".
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