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12 Settembre 2004 ARCHEOLOGIA
Il Messaggero
Quando i rifiuti fanno archeologia
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Gli strati di Roma sono infiniti, si sa. Non solo è la città archeologica per definizione. È anche il luogo specifico dei ritrovamenti casuali, dei reperimenti avventurosi. Al Villaggio Globale, il Centro Sociale di Testaccio, all'Ex Mattatoio, dopo la fila di variopinti murales quasi sempre indecifrabili, siamo chiamati a compiere un vero e proprio esercizio di decifrazione. Entriamo in una specie di necropoli. Una necropoli nel Centro Sociale, sotto i manifesti di Che Guevara sparsi un po' ovunque, in mostra i ricordi della città. E´ la lettura del territorio, il passato, sapere che cosa c'è dietro quel luogo dove si svolgono le attività, i concerti, dove prende forma l'aiuto, e il lavoro, dato a barboni ed emarginati (a Roma, soltanto quelli censiti sono più di quattromila). L'"Archeologia della monnezza" rivela come ogni città conservi viva se stessa solo a patto di non dimenticare. Di che tipo sono questi oggetti? Di ogni tipo e forma, ma alludono alla vita che c'è stata dietro, al gesto cancellato che li animava. Per alcuni aspetti, siamo davanti a un museo, se potesse esistere un museo di oggetti che non hanno alcun valore. È di qualche giorno fa la notizia che in museo di arte contemporanea olandese le donne delle pulizie hanno gettato un sacchetto della spazzatura che invece era l'opera di un artista. Quando la direzione, con imbarazzo, ha chiamato l'autore, egli non si è adombrato, anzi ha detto che la sua opera poteva benissimo essere gettata via. È un po' il rovescio, complementare, di quello che accade sull'argine del Tevere durante la bonifica del Parco Fluviale di Testaccio. I giovani del Centro Sociale vogliono conservare anche la spazzatura. Forse per capire qualcosa in più di se stessi, o di noi tutti. La terra è un conservante naturale e sono venuti fuori reperti innumerevoli, e molti raccontano storie, come quella di Vanna a cui fu regalata una tazza con il suo nome sopra. Lasciti di una storia minore, marginale e proprio per questo significativa, nuova. Senza volersi improvvisare archeologi, gli ideatori del progetto ci parlano di quel posto che una volta era sacro, il pomerio. È forse questo che colpisce di più in quest'idea, il bisogno di dare nuova sacralità al luogo, di non attraversare la "numinosa" città di Roma come se fosse un distributore di benzina o un supermercato. Non a caso hanno eletto Gramsci e a Pasolini come numi tutelari: ritrovare l'anima di un luogo, smarrita per sempre se non ricordata.