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20 Maggio 2009 ARCHEOLOGIA
LAURA LARCAN Repubblica.it
Centocamerelle, gioiello segreto nel "ventre" di Villa Adriana
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Le memorie di Adriano, anche quelle ridotte in frammenti, hanno una loro casa speciale. Villa Adriana a Tivoli, che dopo Roma e Pompei si attesta come il sito archeologico più visitato d'Italia, ha un suo tesoro nascosto. Una sorta di forziere unico al mondo, perché se tante sono le meraviglie che contiene, altrettanto straordinario è il suo contenitore. Un gioiello nel gioiello. Gli archeologi lo chiamano il "ventre" di Adriano, quasi con una sentimentale allusione al romanzo bohèmien di Emile Zola Il ventre di Parigi, per la sua natura di monumento che vive in stretta simbiosi con l'antica roccia. E' la struttura cosiddetta delle Centocamerelle, nota al grande pubblico solo sulla carta perché preclusa da sempre alla visita, anche se la sua imponenza mozzafiato corre non vista tra i due bacini d'acqua del Pecile e del Canopo, proprio sotto il percorso che ogni giorno affrontano le centinaia di turisti inconsapevoli.

Ormai l'ipotesi accreditata è che queste unità modulari, scavate nella roccia e rifinite con un virtuoso sistema di "opus reticulatum", ospitassero gli alloggi del personale di servizio dell'imperatore, dotati un tempo di pavimentazioni interne e ballatoi esterni con scale in legno per salire o scendere i vari livelli. Oggi una quarantina di queste "camerelle" sono state trasformate dalla sopraintendenza per i beni archeologici del Lazio in deposito per la raccolta e la conservazione di tutti i materiali rinvenuti nella villa.

Le Centocamerelle rappresentano la testimonianza storica di una porzione di mondo socialmente e gerarchicamente inferiore ma altamente funzionale ed efficiente grazie a una raffinata concezione architettonica e ingegneristica. E restituiscono un mondo sconosciuto di bellezze artistiche realizzate un tempo per essere al servizio dell'imperatore. Il nome stesso di Centocamerelle ne descrive l'essenza: un corpo articolato in cento ambienti, anche se in realtà sono molti di più, che da un unico livello si sviluppa fino a cinque piani per salire in alcuni punti fino ai cinquanta metri d'altezza.

"Questo deposito è diventato ormai il cuore di Villa Adriana, visitato solo da studiosi di tutto il mondo - racconta il responsabile dell'area Zaccaria Mari - Qui abbiamo raccolto tutti i reperti venuti alla luce dai vari scavi a partire dal 1950. Ci sono svariate migliaia di ritrovamenti, dal piccolo frammento anche insignificante ai marmi di statue, rilievi, elementi decorativi e architettonici, vasi, candelabri, pilastri, ceramiche e pitture. Fino all'ultimo gruppo di opere provenienti dall'Antinoeion, il sito dedicato ad Antinoo, il grande amore di Adriano. Di questi reperti, solo il 20% appartiene a scavi condotti nel territorio di Tivoli".

La data del '50 è emblematica per questo sancta sanctorum di Adriano: "Anche la villa rientra nella classica storia dell'arte italiana, che fino all'unità d'Italia era in balia in sostanza di chi ci passava - racconta Zaccaria Mari - E qui i primi studi e scavi risalgono al '400 con papa Pio II. Dopo l'unità il patrimonio diventa dello Stato, ma le opere ritrovate venivano portate comunque a Roma. Finalmente dal '50, dall'epoca degli importanti ritrovamenti nell'area del Canopo, si decide di lasciarli qui in loco per maggiore rigore storico". E inizia così la storia parallela dei "mille lucchetti" di Villa Adriana: "Ogni complesso monumentale aveva il suo deposito in modo da non allontanare i reperti dal loro contesto originale - racconta Mari - Con la conseguenza di avere decine e decine di magazzini sparsi, da aprire e chiudere, con relative serrature e chiavi. Alla fine siamo riusciti a concentrare tutto nelle Centocamerelle con un lavoro monumentale di riordinamento".

Le prime trentasette "camerelle", ciascuna con una perfetta planimetria rettangolare, sono numerate, come fossero i numeri civici di un'antica via sacra. Oltre la moderna griglia metallica che le protegge dall'esterno, cui corrispondono ovviamente le chiavi, e che solo in circostanze eccezionali vengono concesse per aprire, si scorgono i tesori. La parte muraria già di per sé è un capolavoro di finezza che in alcuni punti restituisce l'antico intonaco con pitture a motivi lineari impreziositi da figure zoomorfe e vegetali. Poi si trovano pezzi di statue, teste-ritratto come quella straordinaria di Antinoo che toccata dal sole sembra splendere di luce propria. Alcuni reperti sono posti a terra su basi di legno, altri disposti sui ripiani di vecchie scaffalature.

"Incredibilmente ancora non abbiamo ultimato una catalogazione con schede personali per ogni pezzo. Né, a parte la pulitura, li abbiamo sottoposti a un intervento di restauro", avverte Zaccaria Mari. Il motivo è tristemente banale: mancanza di risorse. Dettaglio che ha fatto arenare progetti avveniristici di musealizzazione delle Centocamerelle, con relative aperture al pubblico, oltre al perfezionamento di una vasta operazione di valorizzazione delle opere chiuse nei depositi. Ma questa è un'altra storia.