Un Elemento che permea l'intero substrato della cultura e delle
tradizioni popolari d'Europa è il culto dello spirito arboreo,
filo d'Arianna nell'impervio e intricato sentiero del folklore.
Tra le sue numerose manifestazioni esso si presenta ancora oggi
tra le pieghe di un rito molto antico, la festa del Maggio, espressione
popolare di una figura che, dall'Animismo al Cristianesimo, ancora
resiste alle spire del tempo e delle religioni.
Varie sono le ipotesi sull'origine etimologica del nome "Maggio",
per alcuni studiosi esso scaturisce da una antica dea della fecondità,
Maja, per altri dal mese stesso in cui questa festa si celebrerebbe,
coincidente con quella di Beltane, che a sua volta proverrebbe dal
termine "bel", brillante, forse legato ai numerosi falò
che si accendono in questa data, o da un antico dio gallese della
pastorizia conosciuto come Belinos, o "grande albero sacro",
denominazione che suggerisce uno stretto rapporto tra la divinità
e il Maggio nella figura dello spirito arboreo.
Per capire cosa si nasconde realmente dietro questa tradizione dobbiamo
esaminare le caratteristiche essenziali della festa. In realtà
data la sua notevole diffusione vi sono diversità peculiari
per ogni luogo, il Frazer nel suo libro "Il ramo d'oro"
descrive tantissime tradizioni europee, narra che usanza più
diffusa era quella di portare al villaggio un enorme albero per
poi adornarlo con i frutti della terra, animali e piante, come ringraziamento
alla divinità ma anche come gesto basato sul concetto di
Magia Simpatica molto caro al contadino per il quale "il simile
produce il simile": L'esporre frutti e vivande altro non era
così che un modo per propiziare fertilità e abbondanza.
Queste tradizioni molto antiche e sicuramente derivanti dall'area
nordico-celtica ove il culto arboreo era molto diffuso, le troviamo
anche nelle tradizioni romane, nei "floralia" che si tenevano
durante le Calende di Maggio, quando, dopo canti e balli, si propiziava
l'abbondanza con rituali a sfondo orgiastico, usanze che ancora
ritroviamo nell'Inghilterra del 1500 e che tanto facevano scandalizzare
i Puritani. Altra tradizione,sempre in tema di "accoppiamento"
era poi la presenza di un Re e una Regina del Maggio, idea sicuramente
successiva a quella arborea ma che ben ricorda i rituali di accoppiamento
che si tenevano in quei periodi. Successivamente, con l'avvento
del Cristianesimo, questi rituali, dopo un iniziale condanna per
il loro richiamo pagano a causa del loro forte radicamento nella
tradizione popolare, furono trasformati e legati ai Santi della
nuova religione come al San Jack in Green inglese o al San Giorgio,
definito "il verde" tra gli slavi, facili trasposizioni
dello spirito silvano
Verde Giorgio noi portiamo,
Verde Giorgio accompagnamo,
ci procuri molta biada
o nell'acqua se ne vada.
Nascono così leggende su santi come San Waast o il Beato
Giacomo che, piantando il loro bastone nel terreno lo avevano trasformato
in un grande albero, un modo per rendere cristiani luoghi e culti
pagani.
In Italia feste del Maggio le troviamo nell'area del bresciano,
a Ponte Nova, in Val Seriana, vi è la tradizione di portare
nel centro del paese un abete che viene addobbato con frutta e fiori
dalle fanciulle e portarlo sul monte vicino ove resterà fino
a Giugno allorquando verrà arso. A Gualdo Tadino, in provincia
di Perugina, invece, tradizione vuole che il 1 Maggio vengono tagliati
due enormi pioppi che poi sono legati creando un altissimo palo
alzato nella piazza del paese. Molto suggestive sono le feste del
Maggio lucano che, anche se lontane geograficamente dalle tradizioni
nordiche, tramandano una serie di rituali assorbiti dalla dominazione
longobarda. Particolarmente note sono le feste che si tengono a
Oliveto Lucano, Pietrapertosa, Castelmezzano e Accettura, quest'ultima
fondata proprio dai longobardi, a dimostrare proprio lo stretto
legame tra il rituale-culto e questo popolo. La tradizione vuole
che dal bosco di Gallipoli venga tagliata la "cima", un
agrifoglio, simbolo dell'elemento femminile, che poi sarà
trasportato nel paese e posto sulla testa del "maggio",
simbolo priapico maschile. Su di questo, poi, vengono posizionati
bigliettini augurali, mentre nel passato venivano appesi animali
vivi e frutti, in modo da creare un vero e proprio albero della
cuccagna.
Il Maggio espressione dello spirito arboreo
Dopo aver descritto le tradizioni e i rituali legati al Maggio
cerchiamo ora di dare una interpretazione agli stessi e di capire
il legame tra l'albero, lo spirito silvano e le sue evoluzioni nelle
credenze e religioni popolari. All'inizio la divinità è
vista e concepita come immanente, essa permea tutto ciò che
circonda il selvaggio e dunque essa è anche dendromorfo,
in una visione fortemente animista la vegetazione, l'animale, il
cielo, sono espressione della divinità. Successivamente una
nuova idea si fa largo nella mente del primitivo, l'albero non viene
più visto come divinità ma come sua dimora, lo spirito
arboreo invece di essere considerato l'anima di ogni albero, diventa
la divinità della foresta, si passa così da una fase
animista ad una politeista.
In questo modo l'usanza di tagliare e trasportare al villaggio un
albero è un modo per portare nella propria dimora una parte
dello spirito che ivi risiede e di farlo diffondere tra la gente
assicurando fertilità e prosperità.
In seguito allo spirito arboreo viene associato un aspetto antropico,
anche a causa della semplicità da parte del selvaggio di
associare ad una divinità sembianze umane. Iniziano così
a nascere figure di divinità silvane quali Priapo e Pan,
spesso rappresentati con un volto umano e con attributi agresti,
come il bastone usato per spaventare gli uccelli, la falce per potare
gli alberi e sulla testa foglie d'alloro e spesso con un enorme
fallo, o come nel caso di Pan, addirittura dotato di uno doppio,
simbolo proprio della sua natura vivificatrice e fecondatrice. Da
questa successiva rappresentazione antropomorfa nascono una serie
di tradizioni ancora oggi espletate durante le feste del Maggio,
così lo spirito silvano viene personificato anche da bambole
e pupazzi che vengono posti vicino alla vegetazione o arsi negli
stessi falò non con la successiva idea cristiana di purificazione
dal male, ma per quella insita nel concetto di divinità della
natura che muore per poter rinascere. Ricordiamo così la
tradizione della Segavecchia che si festeggia ancora nelle città
di Forlimpopoli e Cotignola, ove la tradizione vuole che si realizzi
un fantoccio che con il ventre ricolmo di frutta, venga portato
in processione su un carro trainato da buoi, e poi segato prima
di essere bruciato.
L'evoluzione della antropizzazione dello spirito arboreo però
prosegue e da fantoccio di paglia, simulacro del dio, acquista vere
e proprie sembianze umane. Da qui nascono le tradizioni che parlano
di "padre" o di "re e regina" del Maggio che
abbiamo incontrato precedentemente, o delle gare che si compivano
durante le feste, tipo l'arrampicata sull'albero della cuccagna,
per designare il sovrano dei Maggi, o ancora l'usanza di fanciulle
vestite a festa, proprio a rappresentare la "cima", che
giravan tra le case a propiziare il nuovo avvento della prosperità:
Rosellina di Maggio gira tre volte:
Miriamola da tutti i lati,
Rosa di Maggio vieni dal bosco verde:
ci rallegreremo tutti.
Così andiamo dal Maggio alle rose.
In realtà la figura dello spirito silvano è ancora molto astratta come si può notare dalle genericità dei nomi come il "re del Maggio" e così, con l'avvento della religione Cristiana, l'evoluzione della divinità arborea è soggetta ad un'ultima evoluzione che porterà ad una ben precisa individuazione della stessa. La difficoltà da parte degli esponenti della Chiesa di allontanare le popolazioni contadine da questi rituali pagani costrinse gli stessi ad "inglobare" queste tradizioni e ad integrarle nelle nuova religione, ecco così che da nomi e cariche astratte lo spirito silvano diventa il Santo cristiano, il San Giorgio Verde degli slavi, il San Giuliano di Acettura o il San pellegrino di Perugina, nomi differenti per celare quello che ancora oggi queste tradizioni nascondono:il culto degli alberi e dello spirito arboreo.
Bibliografia:
- J.Frazer: "Il Ramo d'Oro" Bolati-Boringhieri
- A.Romanazzi: "La Dea Madre e il culto Betilico: Antiche conoscenze
tra mito e folklore" Levante Editore Feb.2003
- A.Romanazzi: "L'albero di natale, antichi retaggi di culti
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- A.Romanazzi: "Festività natalizie, tradizione cristiana
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di Andrea Romanazzi
andrji00@libero.it
di Michael A. Cremo, Richard L. Thompson2. Archeologia Misterica
di Luc Bürgin3. Archeologia dell'impossibile
di Volterri Roberto4. Archeologia eretica
di Luc Bürgin5. Il libro degli antichi misteri
di Reinhard Habeck6. Rennes-le-Château e il mistero dell'abbazia di Carol
di Roberto Volterri, Alessandro Piana7. Il mistero delle piramidi lombarde
di Vincenzo Di Gregorio8. Le dee viventi
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