Nel Sud-Ovest degli Stati Uniti, dove si incrociano le frontiere
dell'Arizona, Nuovo Messico, Utah e Colorado, giacciono le spettacolari
rovine di una delle culture indiane più enigmatiche del nord-America:
gli Anasazi, termine Navajo che sta per "antichi" (o,
secondo altre interpretazioni, "antenati nemici").
I resti dei loro villaggi - "Grandi Case" - dove si ergono
edifici anche a più piani con centinaia di camere, ci rivelano
una cultura parecchio evoluta vissuta in un periodo storico che
va dall'inizio dell'era cristiana fino al XIV sec. d. C., allorchè
cessò improvvisamente per cause ancora misteriose. I loro
attuali discendenti sono diverse tribù indiane come ad esempio
gli Hopi.
Si sa comunque che gli Anasazi erano un popolo sedentario e dedito
all'agricoltura. Il loro periodo più florido fu quello tra
il IX sec. d. C. ed il 1200, epoca alla quale appartengono i loro
insediamenti più significativi nel Chaco Canyon, una formazione
naturale lunga all'incirca 19 km nel Nuovo Messico. Fra i molti
centri all'interno di questo Canyon ne spicca uno in particolare:
Pueblo Bonito. I reperti archeologici di questa località
presentano ancora aspetti poco chiari. Tutto il complesso è
costituito da un unico grande edificio a forma di ferro di cavallo
e suddiviso in quattro-cinque piani con 700-800 stanze. Accanto
ad esso si trovano due grandi fosse circolari più altre 37
di dimensioni minori. Queste costruzioni chiamate in lingua hopi
"kiva", presentano al loro interno come caratteristica
comune un foro al centro, probabilmente un focolare. Gli archeologi
ritengono che Pueblo Bonito avesse sia la funzione di capitale religiosa
come anche quella di alloggio per i numerosi pellegrini provenienti
da fuori per le periodiche festività. Anche ai kivas viene
assegnato un ruolo religioso e cerimoniale. Secondo le tradizioni
orali hopi questi venivano utilizzati per rievocare il "ritorno
alla luce" dei loro antenati, dopo essere rimasti nascosti
in grotte sotterranee in seguito ad uno spaventoso diluvio.
Un altro aspetto enigmatico di questa località è costituito
da una serie di raffigurazioni sulle rocce circostanti che ritraggono
piedi con sei dita. Sebbene altri esempi di questo tipo si trovino
anche in altre zone, il loro significato è ancora sconosciuto.
|
Grazie alla loro evoluta organizzazione economica, gli Anasazi dovevano
rappresentare una società numericamente rilevante, con parecchie
migliaia di abitanti come testimoniato anche dall'entità
delle rovine, e con una cultura alquanto complessa e raffinata.
Produssero un genere di ceramica molto ricercata e gioielli di pietra
turchese il cui maggiore centro di produzione era proprio nel Chaco
Canyon. Inoltre alcune raffigurazioni pittoriche su pareti di roccia
adiacenti ai villaggi testimoniano il loro interesse per i fenomeni
celesti. A Penasco Blanco, un altro grande insediamento, alcuni
pittogrammi su roccia raffigurano il sole e la luna insieme ad altre
immagini che secondo alcuni studiosi potrebbero riferirsi alla supernova
del 1054 ed alla cometa di Halley del 1066. Secondo l'opinione di
una nota studiosa del sito di Chaco Canyon, Anna Sofaer, tutte le
maggiori costruzioni degli Anasazi, come ad esempio il grande kiva
di Casa Rinconada, presentano significative connessioni con i fenomeni
astronomici solari e lunari. Nel sito di Fajada Butte, inoltre,
le ombre del sole e della luna si proiettano su alcuni petroglifi
a forma di spirale durante i solstizi, gli equinozi, e le fasi lunari.
L'attenzione di questo popolo per l'astronomia potrebbe sembrare
logica essendo la loro economia fondata sull'agricoltura e quindi
anche sui cicli meteorologici stagionali. Ma come vedremo più
avanti essa presenta anche aspetti di ossessivo perfezionismo difficili
da interpretare.
Il fattore base che consentì agli Anasazi di crescere e svilupparsi
anche culturalmente fu naturalmente l'alta produttività agricola.
L'epoca di maggior prosperità di questo popolo fu infatti
caratterizzata in tutto il pianeta da favorevoli mutamenti climatici
che condizionarono in maniera fondamentale tutte le piccole e grandi
civiltà del mondo. A partire infatti dalla seconda metà
del IX secolo il clima, che era rimasto tendenzialmente freddo fin
dalla tarda epoca romana, divenne mediamente più caldo e
ottimale. La natura diventò un po' più generosa ed
il sudore dei contadini in ogni parte del mondo venne maggiormente
ricompensato. Le maggiori risorse alimentari consentirono alla gente
di nutrire meglio se stessi ed i propri figli, e ciò significò
sia una maggior resistenza a tutte le malattie, sia soprattutto
una significativa riduzione della mortalità infantile. Dovunque
vi fossero civiltà organizzate e fondate sull'agricoltura
- in Europa, in Cina, in India, ecc. - si verificò un trend
positivo di crescita demografica che sarebbe continuato fino alla
fine del Duecento.
Anche presso gli Anasazi, si dovette assistere ad un significativo
incremento demografico che non mancò di influenzare, oltre
che l'espansione urbana, la struttura sociale e la sua stessa dinamica.
Alcune tradizioni Navajo relative a Pueblo Bonito parlano di un
personaggio, chiamato "il Giocatore", che sarebbe riuscito
a sottomettere tutti gli altri suoi concittadini per mezzo di incantesimi
e stregonerie. Sfruttando il suo potere avrebbe fatto costruire
un gran numero di edifici prima di venire a sua volta detronizzato
e decapitato in seguito ad una rivolta.
Leggende a parte, la maggioranza degli studiosi ritiene che Chaco
Canyon fosse governata da re-sacerdoti che si occupavano oltre che
della vita religiosa anche degli aspetti più materiali, in
particolare dell'approvvigionamento alimentare. La vitale responsabilità
di garantire una sufficiente produttività agricola ad un
gran numero di famiglie dovette certamente ricadere sulle figure
sacerdotali che, così come pregavano per l'abbondanza dei
raccolti, si adoperavano anche per la costruzione e la manutenzione
di dighe, canali, ed altre opere di drenaggio scoperti dagli archeologi
negli anni '70 del secolo scorso. Probabilmente però non
si limitarono a questo ma - come diremmo oggi - promossero anche
l'immagine di Chaco Canyon in tutto il territorio circostante. Uno
studio effettuato recentemente dall'Università del Colorado
ha dimostrato che a Chaco Canyon giungeva molto granturco anche
da fuori tramite un sistema di strade lungo almeno 400 miglia che
collegava il centro degli Anasazi a più di 150 altre località
tutt'attorno. Inoltre, come dimostrerebbe il ritrovamento di penne
ornamentali di pappagalli ed altri uccelli, pare che attraverso
queste vie giungessero merci anche dal Messico settentrionale. Ciò
dimostra ancora una volta l'alto livello tecnico ed organizzativo
di questo popolo. Fra queste strade spicca, in particolare, la cosiddetta
"Grande strada del nord", il cui tratto principale lungo
una ventina di chilometri è orientato sull'asse nord-sud
con una tale precisione che oggi può essere superata solo
con i moderni sistemi satellitari. Anche altri aspetti relativi
a queste strade rappresentano un vero rompicapo per i ricercatori.
Nelle vicinanze degli insediamenti esse sono larghe anche 8-10 metri
il che è strano per una cultura che, come tutte quelle americane,
non utilizzava né carri su ruote né bestie da soma.
Inoltre numerose strade sembrano avere l'unica funzione di collegare
gli insediamenti ed i kivas con sorgenti d'acqua o particolari luoghi
sacri. Ciò porta ad immaginare che molte brevi strade nonché
alcuni tratti di quelle più lunghe fossero usate per scopi
religiosi, in primo luogo per grandi e solenni processioni con migliaia
di partecipanti.
Secondo una delle ultime scoperte, sembra inoltre che durante le
cerimonie religiose gli Anasazi praticassero il cannibalismo rituale.
Esami di feci fossili e di residui di cottura hanno recentemente
confermato il sospetto che gli archeologi avevano sin dagli anni
sessanta dopo il ritrovamento di crani fratturati e di ossa private
del midollo.
All'apice del suo splendore, insomma, Chaco Canyon pare abbia assunto,
sempre secondo l'opinione prevalente dei ricercatori, anche una
funzione politico-amministrativa di un vasto territorio con decine
di migliaia di abitanti. Tanto le strade quanto i periodici raduni
di pellegrini durante le festività religiose avrebbero garantito
la coesione socio-culturale di una così vasta entità
statale.
|
Tutto quanto detto fin qui in realtà è solo la ricostruzione
più probabile della struttura socio-economica e dello stile
di vita degli Anasazi. Non avendo questo popolo lasciato testimonianze
scritte di alcun genere gli studiosi sono costretti a basarsi unicamente
sui reperti archeologici e sui modelli socioculturali di analoghe
civiltà. Ed ovviamente sono ancora molti gli interrogativi
ed i punti pochi chiari.
Ma il vero fascino degli Anasazi forse sta nel fatto che i tanti
elementi ancora da chiarire fino a questo punto della loro storia
(il XII sec. d. C.) sembrano dettagli accademici di fronte ai ben
più sorprendenti misteri che accompagnano il loro declino
e la loro scomparsa.
Quando nel 1888 due cow boy capitarono per caso nel Chaco Canyon,
scoprendo così il centro principale di questo popolo, si
trovarono di fronte ad un luogo - come riferirono in seguito - dove
la vita sembrava essersi fermata all'improvviso. Oggetti, utensili,
stoviglie, erano ancora intatti e lasciati ordinatamente nelle stanze
dove erano stati usati per l'ultima volta. Solo gli abitanti sembravano
improvvisamente scomparsi.
Comunque sia, è un fatto che nella seconda metà del
XIII secolo la vita a Chaco Canyon cessò del tutto, il sito
da quel momento in poi rimase disabitato, mentre sopravvissero fino
al secolo successivo altri centri sempre degli Anasazi, a nord ed
a sud dell'antica capitale.
Recentemente l'archeologo americano Stephen H. Lekson confrontando
fra loro le date di termine ed inizio delle nuove culture dopo Chaco
Canyon ha scoperto che queste sono in rapida successione. In altre
parole, questo popolo, o almeno parte di esso, si sarebbe spostato
più volte per fondare altri centri per poi abbandonarli nuovamente.
La migrazioni sarebbero avvenute prima verso nord verso le località
oggi chiamate Aztec Ruins e Salomon Ruins, poi verso sud, addirittura
a 620 chilometri da Chaco Canyon, in una località chiamata
Casas Grandes che oggi si trova in territorio messicano.
I motivi dell'abbandono di Chaco Canyon e delle successive migrazioni
rimangono ancora oggi incomprensibili. L'ipotesi più probabile
vuole che gli Anasazi, come accaduto anche per altre culture, siano
rimasti sostanzialmente vittime del loro stesso successo. Una popolazione
così numerosa e strettamente dipendente dall'agricoltura
risultava inevitabilmente esposta sia ad improvvise carenze di risorse
per soprannumero sia alle variazioni climatiche anche di breve periodo.
Se come sembra la regione venne colpita da improvvise siccità
sin dalla metà del XII sec., questo dovette sicuramente mandare
in crisi i rapporti con tutte quelle località dalle quali
gli abitanti di Chaco Canyon ricevevano grano. Come suggeriscono
anche le opere di fortificazione di altri insediamenti come Mesa
Verde, non è escluso che dovessero far fronte anche a conflitti
ed attacchi da parte di altre popolazioni indiane colpite anch'esse
dalla carestia. Inoltre è da sottolineare che proprio alla
fine del 1200 si ebbero le prime avvisaglie di un nuovo cambiamento
climatico planetario. Le temperature medie scesero e questo rese
più difficile la produttività agricola anche nelle
civiltà meglio organizzate come la Cina e l'Europa (che già
all'inizio del XIV sec. cominciarono a subire le prime gravi carestie
dopo secoli di relativa tranquillità). Anche le analisi dei
resti ossei degli Anasazi dimostrano come nell'ultima periodo della
loro storia questi abbiano sofferto di malnutrizione e aumento della
mortalità infantile. Ma anche qui le ricerche danno risultati
contraddittori. Uno studio della dottoressa Van West, ad esempio,
ha provato che in realtà in questa fase, nonostante la siccità,
queste genti riuscivano ancora a produrre tutto il granturco di
cui avevano bisogno. Ma allora perché erano così malridotti?
Sempre il medesimo archeologo Stephen Lekson è rimasto sorpreso
da un'altra sconcertante osservazione. Le quattro principali località
degli Anasazi coinvolte nelle migrazioni - appunto Chaco Canyon,
Aztec Ruins, Salomon Ruins ed infine Casas Grandes all'estremo sud
- si trovano perfettamente allineate lungo uno stesso asse nord-sud
che poi coincide attualmente con il meridiano 108 ad ovest di Greenwich.
Stephen Lekson ha naturalmente escluso che possa trattarsi di un
caso anche perché osservando meglio l'urbanistica di Pueblo
Bonito nel Chaco Canyon si sono riscontrati numerosi esempi di allineamenti
lungo lo stesso meridiano. La prima domanda che si sono posti gli
studiosi è naturalmente come siano riusciti gli Anasazi a
mantenere un allineamento geografico così perfetto anche
a parecchie centinaia di chilometri di distanza tra una località
e l'altra. Naturalmente non conoscevano la bussola, ma anche se
per assurdo l'avessero usata, questo strumento li avrebbe indotti
in errore a causa dello scarto tra il polo nord magnetico (verso
cui punta la bussola) e quello geografico. Si pensa che abbiano
effettuato lunghe e pazienti osservazioni del cielo notturno al
fine di rilevare l'esatta direzione del nord, ed a tal scopo si
sarebbero serviti anche di sofisticati attrezzi di legno per seguire
il movimento delle stelle attorno al polo celeste per poi determinarne
esattamente il centro. A rendere più difficile l'operazione
interveniva il fatto che a quell'epoca, a causa della precessione
degli equinozi, né la stella polare né nessun'altra
stella indicava il nord come avviene oggi. Infine il perfetto allineamento
con la strada già percorsa poteva anche essere garantito,
con tutta probabilità, dall'osservazione di fuochi posti
ad una certa distanza sempre durante le ore notturne.
L'altro interrogativo che si pongono gli archeologi è naturalmente
il significato di tutto ciò. Perché darsi tanta pena
per muoversi esattamente e perfettamente lungo quella direzione
e costruire nuovi insediamenti esclusivamente su quel meridiano
? Nonostante qui si brancoli totalmente nel buio più che
per qualsiasi altro enigma, forse può venirci in aiuto la
storia comparata delle religioni. Presso i popoli antichi non era
affatto raro, anzi era buona consuetudine affidarsi scrupolosamente
alle proprie tradizioni magico-religiose prima di procedere alla
fondazione di nuove città. C'erano da scongiurare i pericoli
del viaggio, la possibile ostilità dei nuovi vicini, il rischio
di insediarsi in un territorio inadatto e poco fertile. Se non altro
si cercava di far di tutto per superare la paura dell'ignoto e partire
con la giusta determinazione. Possiamo dunque supporre che gli Anasazi
considerassero di fondamentale buon auspicio mantenersi perfettamente
allineati sia con l'asse nord-sud, sia contemporaneamente con Pueblo
Bonito, la loro antica capitale religiosa di cui intendevano serbarne
sia la memoria sia il valore. Il fatto di viaggiare sul meridiano
108 sarebbe stato allora solo un caso determinato dalla necessità
di rimanere allineati contemporaneamente sia con il loro principale
santuario sia con la direzione nord che, anche secondo studiosi
come Fritz e Malville, gli Anasazi dovevano considerare come "asse
del mondo" e soprattutto "luogo d'origine" dei propri
antenati.
Ma anche qui non è detto che un'ipotesi di questo tipo riesca
a far quadrare tutto. Ad esempio vi sono anche ricercatori (come
ad esempio Wilcox) convinti che Aztec Ruins sia stata costruita
come capitale religiosa alternativa in contrapposizione a Chaco
Canyon. E tutto ciò in un clima di dissenso e decadenza delle
forme religiose tradizionali. Ma allora perché continuare
nell'ossessiva ricerca del perfetto allineamento con Pueblo Bonito
lungo l'asse nord-sud ? E se a rendere particolarmente sacro proprio
quel meridiano fosse stato un motivo differente ?
Come affermano gli stessi archeologi sono tutte questioni ancora
completamente aperte. Forse solo ulteriori indagini archeologiche
potranno portare ulteriori elementi per chiarire questi misteri.
Più che altro per semplice curiosità, mi sembra allora
opportuno riportare una diversa ipotesi - in stile alternativo -
che mi si è affacciata alla mente in seguito ad una casuale
osservazione.
|
L'occasione durante la quale sentii parlare per la prima volta
di questi inspiegabili allineamenti fu qualche tempo fa nel corso
di una nota trasmissione televisiva. Per puro caso in quei giorni
stavo leggendo anche un libro sull'Isola di Pasqua e guardando una
cartina dell'isola che riportava anche le coordinate geografiche
osservai che il medesimo meridiano 108 Ovest "sfiora"
la sua costa orientale all'incirca ad un chilometro di distanza.
In altre parole, sulla carta geografica le città degli Anasazi
oltre che tra loro sono lontanamente allineate anche con l'Isola
di Pasqua.
Sul momento pensai ovviamente ad una semplice coincidenza. Per quel
che ne sapevo io non vi era alcun elemento o fondato motivo per
collegare gli Anasazi con quell'isola, all'infuori, forse, di una
"curiosità artistica": sul dorso di qualcuna delle
caratteristiche statue dell'Isola di Pasqua - i cosiddetti "Moai"
- sono scolpiti uomini-uccello che hanno piedi con sei dita, come
i petroglifi di Pueblo Bonito. Naturalmente era troppo poco per
vederci un legame. In seguito tuttavia mi tornarono alla mente le
teorie cosiddette "eretiche" di alcuni ricercatori indipendenti,
quali Graham Hancock, Robert Bauval e John Anthony West per citare
i più noti. Per riportare sommariamente quello che può
interessarci in questa sede, essi sostengono, sulla base di testimonianze
archeologiche e mitologiche raccolte in tutto il mondo, che prima
della fine dell'ultima era glaciale, cioè più o meno
12.000 anni fa, sarebbe esistita una grande civiltà marinara
capace di raggiungere con le sue navi e le sue conoscenze ogni punto
del globo. In molte parti del mondo essa avrebbe lasciato varie
testimonianze architettoniche, come per esempio la Sfinge e le piramidi
in Egitto o le mura ciclopiche in Perù, prima di venir completamente
spazzata via da una catastrofe planetaria che avrebbe accompagnato
la fine dell'era glaciale. I superstiti dopo essere riusciti a scampare
agli sconvolgimenti provocati dall'improvviso innalzamento del livello
dei mari, e quindi all'inabissamento di intere regioni, si sarebbero
spostati in zone geografiche più sicure dando luogo ad una
fitta rete di migrazioni. Essi avrebbero però portato con
loro anche un complesso di conoscenze astronomiche e matematiche
che avrebbero lasciato come retaggio alle generazioni successive
insieme al racconto dell'immane catastrofe naturale - "il diluvio
universale".
In Europa ed in Egitto queste teorie sono state rifiutate da tutti
gli studiosi ed i ricercatori ufficiali. E questo nonostante che
negli ultimi anni vi siano stati numerosi ritrovamenti di rovine
e città sommerse, antiche di parecchie migliaia di anni,
in diverse parti del mondo - nell'Oceano Indiano, nei mari del Giappone,
nel Mar dei Caraibi, ecc. In Asia ed in America al contrario esiste
una minoranza di studiosi ed accademici anche noti disposti a rivedere
la storia e la preistoria delle società antiche a cominciare
dalla questione del popolamento delle Americhe. Fino a poco tempo
fa si riteneva infatti che le migrazioni umane nel Nuovo Mondo fossero
iniziate un paio di millenni prima della fine dell'ultima era glaciale
tramite il ponte di ghiacci che univa la Siberia all'Alaska. Tuttavia
nuovi ritrovamenti archeologici e analisi del DNA hanno portato
a retrodatare di molto il popolamento delle Americhe fino ad una
data superiore al 20000 a. C. (per alcuni anche 30000 a. C.). Cosa
ancora più sorprendente le prime migrazioni sarebbero state
effettuate, anche attraverso l'Oceano Pacifico, non da popoli di
etnia asiatica (come i pellerossa) ma da genti di tipo caucasico
dalla pelle bianca come gli Ainu, il gruppo etnico di pelle chiara
che risiede oggi nella più settentrionale delle isole giapponesi,
Hokkaido. Secondo alcuni studiosi proprio gli antenati degli Ainu
avrebbero popolato per primi le due Americhe, e forse avrebbero
creato un grande impero marittimo pre-diluviano esteso in tutto
l'Oceano Pacifico dal Giappone fino al versante occidentale dei
due continenti americani, Isola di Pasqua compresa.
Quello che interessa in funzione della mia ipotesi, è che
fra il retaggio di conoscenze che sarebbero sopravvissute alla fine
di questa grande civiltà, sempre secondo gli studiosi alternativi,
vi sarebbero state anche le informazioni geografiche relative ad
ogni regione del pianeta, come rilevate in età glaciale,
cioè con il livello dei mari più basso. Gelosamente
custodite e tramandate di generazione in generazione attraverso
i millenni, queste mappe sarebbero giunte fino in età umanistico-rinascimentale
per poi servire come base per la produzione dei portolani cinquecenteschi.
Prendendo per vera questa ricostruzione, considerai fra me e me
che quegli antichi navigatori ed i loro cartografi avrebbero dovuto
orientarsi tramite una griglia di coordinate equivalenti ai nostri
paralleli e meridiani. E naturalmente stabilire in maniera inequivocabile
un parallelo zero ed un meridiano zero. La circonferenza equatoriale
avrebbe naturalmente rappresentato il parallelo di partenza come
avviene anche oggi. Ma il meridiano zero sarebbe stato necessario
sceglierlo in maniera arbitraria fra i 360 che suddividono il globo
terracqueo. Nelle nostre carte geografiche esso è rappresentato
dal meridiano che passa per l'osservatorio londinese di Greenwich.
Al tempo dell'antichissimo impero marittimo degli Ainu sarebbe stato
certamente preso in considerazione qualche altro meridiano. La mia
ipotesi è che il loro meridiano zero fosse proprio il meridiano
108, quello passante cioè per l'Isola di Pasqua e per gli
insediamenti degli Anasazi. Così come avviene oggi con il
meridiano inglese, esso sarebbe servito a determinare la longitudine
di un qualsiasi punto geografico fino a 180 gradi est (verso l'America
del Sud e la costa atlantica dell'America settentrionale) oppure
180 gradi ovest (verso il Pacifico e l'Asia) a seconda di dove ci
si trovava rispetto ad esso.
Coerentemente con questa teoria interviene un'altra curiosa osservazione.
Il meridiano esattamente opposto ad esso, a 180 gradi di distanza
est ed ovest (attualmente il 72°), passa per la regione del
fiume Indo in Pakistan, sede anch'essa di un'antica ed evoluta civiltà
anche se molto più recente (III millennio a. C.). Più
precisamente esso incrocia anche le rovine di Mohenjo-Daro, uno
dei centri urbani più importanti. Come sanno in molti, uno
strano mistero accomuna questa città con l'isola di Pasqua,
due località che tra l'altro sono esattamente agli antipodi
geografici fra loro: in ambedue i luoghi sono stati ritrovati reperti
scritti che utilizzano il medesimo tipo di alfabeto. Né la
scrittura di Mohenjo-Daro né quella dell'Isola di Pasqua
sono state ancora oggi decifrate, ma la straordinaria somiglianza
dei due alfabeti continua a lasciare sorpresi molti studiosi. Si
può supporre, sempre secondo la mia ipotesi, che anche il
complementare meridiano di Mohenjo-Daro avesse in quella lontana
epoca un'importanza rilevante, in quanto avrebbe rappresentato il
limite cartografico per riferire tutti i suoi punti adiacenti ad
est oppure ad ovest del meridiano di Pasqua. Oggi ad esempio il
meridiano opposto a quello di Greenwich divide in due l'Oceano Pacifico,
e su gran parte di esso si sovrappone la linea del cambiamento di
data. In tal modo, isole che geograficamente sono molto vicine tra
loro, come nel caso dell'arcipelago delle Figi, hanno alcune una
longitudine 179 gradi est da Greenwich, altre una longitudine 179
gradi ovest.
Provando ad andare un po' più avanti con le ipotesi, non
si può escludere che oltre a rappresentare importanti coordinate
geografiche, i meridiani dell'Isola di Pasqua e di Mohenjo-Daro
fossero anche limiti di influenza territoriale dell'impero degli
Ainu nei confronti di altri imperi marittimi con sede forse nell'America
del Sud, in Africa, nel Mar dei Carabi, o in qualche parte dell'Atlantico.
Qualcosa di simile avvenne ad esempio alla fine del Quattrocento
in Europa, allorché dopo le scoperte di Colombo, Spagnoli
e Portoghesi si divisero il mondo con un trattato che faceva riferimento
ad un ben preciso meridiano passante in mezzo all'Atlantico. In
base a questa logica allora potrebbe non essere casuale il fatto
che allineate sul meridiano complementare di Mohenjo-Daro vi siano
anche le due città sommerse scoperte pochi anni fa nel Golfo
di Cambay in India. La loro età sarebbe anche molto più
antica risalendo addirittura al 7500 a. C.
Torniamo finalmente agli Anasazi. I fautori del popolamento delle
Americhe da parte di genti affini agli attuali Ainu dell'isola di
Hokkaido hanno riscontrato sorprendenti analogie tra questi ultimi
e gli abitanti di Chaco Canyon. Anche gli Ainu ad esempio facevano
costruzioni seminterrate nel suolo a scopo religioso da loro chiamate,
in maniera molto significativa, "ki-va", cioè luoghi
di meditazione. Si può presumere, seguendo la mia ipotesi,
che dopo il catastrofico periodo di sconvolgimenti climatici che
accompagnarono la fine dell'era glaciale anche coloro fra gli Ainu
che sopravvissero sul continente americano abbiano trasmesso per
millenni le loro conoscenze astronomiche e geografiche tanto ai
loro discendenti quanto alle altre popolazioni di tipo asiatico
che sopraggiungevano attraverso lo Stretto di Bering. Una volta
scomparsi gli Ainu d'America, per chissà quali motivi, diversi
popoli indiani, e tra questi appunto anche gli Anasazi, devono aver
conservato alcune tradizioni dei loro maestri (e forse anche antenati).
Per esempio stili architettonici, tecniche agricole, nozioni astronomiche
nonché il valore dell'antico meridiano che passando per Chaco
Canyon raggiungeva - senza che ne sapessero nulla - anche l'Isola
di Pasqua. Col passare dei millenni naturalmente si venne perdendo
il significato geografico originario. Gli Anasazi ne considerarono
soltanto il suo legame con gli antichi maestri-antenati Ainu e lo
inserirono quindi all'interno delle loro tradizioni e cerimonie
religiose, presumibilmente organizzando periodiche processioni attraverso
le larghe strade perfettamente allineate proprio lungo il meridiano
108.
Ma nel XIII secolo il deterioramento del clima accompagnato da freddo,
neve, inondazioni e forse anche segni celesti da loro interpretati
sfavorevolmente, dovettero gettare nel panico questo popolo. Analogamente
a quanto avveniva nell'Europa cristiana dove ecclesiastici e laici
ravvisavano in ogni carestia, epidemia o cometa un segno dell'imminente
fine del mondo, anche gli Anasazi forse si convinsero che stesse
per giungere un nuovo "diluvio universale". La loro decisione
fu allora quella di imitare i loro maestri-antenati Ainu migrando
perennemente e sempre perfettamente sulla loro "sacra direzione",
magari aspettandosi anche un loro ritorno, così come credevano
per esempio gli Aztechi. I nuovi insediamenti edificati lungo il
meridiano, prima a nord verso la direzione da dove erano giunti
gli uomini bianchi, poi a sud, rifacendo la strada già percorsa,
dovevano essere nelle loro intenzioni solo residenze provvisorie
in quanto la cosa più importante era il costante "spirito
di pellegrinaggio" sulle orme degli antenati. Poi quando furono
ridotti allo stremo finirono per disperdersi ed essere assorbiti
da altri popoli come gli Hopi, gli Zuni, gli Acoma ed i Pueblo.
E' difficile naturalmente dire quanto possa essere verosimile una tale ricostruzione. Non è escluso che in futuro nuovi scavi archeologici forniscano risposte diverse, magari anche più semplici e scontate. Qualunque sarà la verità definitiva, tuttavia, si ha l'impressione sin d'ora che non passerà inosservata, poiché è convinzione di molti che la vicenda del declino e della scomparsa degli Anasazi possa far riflettere anche noi stessi, uomini del XXI secolo, circa la nostra presunta capacità di saper gestire i futuri mutamenti climatici del nostro pianeta.
Bibliografia:
- http://www.colorado.edu/Conferences/chaco/open.htm (uno dei siti
più aggiornati e completi su Chaco Canyon e sulle discussioni
accademiche americane relative agli Anasazi).
- http://www.voyager.rai.it (La scomparsa degli Anasazi).
- http://www.calion.com/archeo/archeoi.htm ("I villaggi Anasazi").
- http://www.antikitera.net ("I misteri degli Anasazi svelati
dal grano di Chaco").
- http://www.ilmanifesto.it/g8/ ("La civiltà perduta
specchio della nostra" di Virginio Bettini ).
- http://www.nps.gov/azru (Aztec Ruins National Monuments)
- http://www.zadig.it/ ("I progenitori degli americani erano
giapponesi")
- http://www.cronologia.it ("Civiltà di Harappa e Mohenjo-daro").
- Adriano Forgione, "Giappone, America ed Asia Minore terre
del Sol Levante", in: Hera n. 22 - Ottobre 2001.
- Giovanna Salvioni, "L'Isola di Pasqua", Xenia Edizioni
- Milano 1997
- Graham Hancock, "Impronte degli dei", Corbaccio - Milano
1996.
di Ignazio Burgio
iburgio@yahoo.it
di Michael A. Cremo, Richard L. Thompson2. Archeologia Misterica
di Luc Bürgin3. Archeologia dell'impossibile
di Volterri Roberto4. Archeologia eretica
di Luc Bürgin5. Il libro degli antichi misteri
di Reinhard Habeck6. Rennes-le-Château e il mistero dell'abbazia di Carol
di Roberto Volterri, Alessandro Piana7. Il mistero delle piramidi lombarde
di Vincenzo Di Gregorio8. Le dee viventi
di Marija Gimbutas9. Come ho trovato l'arca di Noè
di Angelo Palego10. Navi e marinai dell'antichità
di Lionel Casson
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